SPB24 con il suo Blog su San Pietroburgo ha deciso di intervistare Antonio Villani, attore di teatro e televisione che vive in questa città da molti anni. Antonio Villani nasce il 1978 a Salerno, dopo diversi anni di studi e stage di recitazione in Italia consegue nel 2010 presso l'Accademia Teatrale di San Pietroburgo la laurea con il massimo dei voti. In questa intervista Antonio Villani si racconta non solo come attore, ma anche come uomo.

Antonio Villani

Quando hai deciso di intraprendere la professione di attore?

Quando ho deciso? Ebbene, io penso che decisioni del genere nella vita non “vengono prese”, ma semplicemente “vengono”. È un percorso che dura nel tempo, un processo che richiede enorme pazienza per giungere a maturazione. Da piccolo non avrei mai pensato di fare l’attore, anche perché nella mia famiglia non c’è mai stata un’educazione al teatro, alla danza, alla musica e all’arte in genere. I miei genitori sono persone semplici, oneste, persone per me speciali, partite da un piccolo e meraviglioso paese sulle coste del Cilento, nella provincia di Salerno e “menomale o purtroppo” completamente estranee alla fascinosa bellezza incantatrice delle muse dell’arte.

Forse adesso sono io, che con la “consapevolezza del poi”, ho il compito di educarli alla bellezza, come nutrimento dell’anima.  Sono sempre stato una persona cronicamente timida anche a causa delle mie insicurezze e paure che in fondo tutti abbiamo, ma che ognuno può e riesce a  metabolizzare in maniera diversa. Nel corso degli anni la mia timidezza si è trasformata in completa chiusura. Dopo gli anni della maturità, e quindi con l’avvento della consapevolezza di voler “essere” in questa vita parte integrante del vivere, ho intrapreso il mio cammino.

Ho dovuto lottare soprattutto con me stesso per ritrovare quell’equilibrio che mi avrebbe permesso di poter scegliere la direzione giusta. Ho fatto molti, molti errori, ho dovuto attraversare il viale del completo stordimento, per poi ritrovare quella parte di me libera da convenzioni, libera da quelle catene che noi stessi inconsapevolmente indossiamo e che non fanno altro che imprigionare la parte creativa di ognuno di noi.  Avevo 19 anni quando mi sono detto per la prima volta:  “Forse forse…vorrei, ma non posso… ma se potessi farei…”.

Sono partito per San Pietroburgo quando avevo 26 anni. In quei sette anni, prima della mia partenza, ho dovuto lottare immerso nella maniera più completa in una ricerca di un qualcosa, allora, a me incomprensibile; in una ricerca che mi ha portato a risanare un’anima ferita dal silenzio e dall’incomprensione di un mondo fin troppo diverso da me. Da se stessi non si fugge, si può solo avere l’illusione di rimandare al domani, ma prima o poi bisogna avere il coraggio vero di affrontarsi. Prima si possiede questo coraggio, prima si intraprende la giusta strada verso il cambiamento.

Perché proprio l’attore?

Non so dipingere con i colori ad olio ma so che posso anche io colorare il mondo ed allora per dipingere utilizzo come strumento i colori della mia anima e della mia vita. Attraverso la vita di un personaggio, attraverso l’essenza e la ricerca di un personaggio si può capire quanto importante sia la semplicità, quanto importanti siano le relazioni vere con chi ci circonda; si può sentire con il cuore quanto importante sia una lacrima od un sorriso per coloro che nella vita di tutti i giorni non riescono più a percepire il significato della propria esistenza, per “disattenzione del vivere”.

Antonio Villani

Fare l’attore per me ha un scopo ben preciso: emozionare, dare un’emozione che sia profonda e duratura nel tempo,  che lasci un segno, che non passi inosservata ma che aiuti a cambiare in maniera profonda chi ha il coraggio di guardare il mondo con gli occhi di un bambino. Dare alle persone la possibilità di riconoscersi e di essere libere, di potersi accarezzare senza la paura di farsi del male; di potersi definire persone veramente belle lì dove “La bellezza salva il mondo” come diceva il mio caro amico di viaggio Fedor Mihailovich."

Perchè Russia, e soprattutto San Pietroburgo e non Mosca?

“Quando mi fanno questa domanda io rispondo scherzosamente: ”Perché? Perché non posso vivere lontano dal mare”. In parte è vero. Non riesco a concepire la mia lontananza dall’acqua. Sono nato, ed in parte cresciuto, in un paese sulle coste del sud Italia e pertanto poter pensare di trovarsi in riva al mare a guardare all’orizzonte, a qualsiasi ora ed a qualsiasi stagione, è qualcosa che mi ha sempre affascinato fin da piccolo. San Pietroburgo mi ha scelto. Ci sono cose nella vita che razionalmente non sono spiegabili.

Io credo molto nel destino e sono convinto del fatto che se qualcosa accade, anche se all’inizio ci sembra la più negativa che ci sia mai successa, in realtà ci porta sempre da qualche parte, ci porta ad un cambiamento, a qualcosa di nuovo; ci porta a crescere come persone, ci porta indirettamente verso quello che desideriamo, anche se la strada ci sembra impraticabile. Non dobbiamo mai lamentarci di ciò che abbiamo nel presente, perché ciò che abbiamo adesso è quello che desideravamo in passato.

A San Pietroburgo sono arrivato, da solo, il 6 febbraio 2006 (temperatura esterna meno 25) senza conoscenze, senza alcuna compagnia; all’aereoporto non è arrivata la valigia, al dormitorio dell’accademia, al mio arrivo, non c’era posto dove alloggiare, ed in tutto questo, ovviamente, non parlavo Russo. Ma ho avuto un angelo custode che mi ha accompagnato in quei primi giorni e sono momenti nella vita che non dimenticherò mai. Sarei dovuto rimanere a fare un corso breve in accademia per tre mesi che si sono trasformati, dopo una serie di vicissitudini e coincidenze in 5 meravigliosi e difficili anni. Dovrei dilungarmi troppo per raccontare nei minimi particolari come è successo tutto questo. Ma in una sola parola: “destino”. Mosca era considerata una delle 20 tappe prese in considerazione in tutto il Mondo.

San Pietroburgo non era nemmeno stata menzionata tra le mie varianti, ma grazie a questi giochi del destino mi sono laureato con il massimo dei voti presso l’Accademia Teatrale Stato di San Pietroburgo, con uno degli insegnanti più importanti del panorama teatrale Russo ed ho ottenuto, “sudando sangue” giorno dopo giorno, quello che volevo da tempo. Io non ho fatto altro che studiare, studiare e studiare con tutte le mie forze. Ringrazio e ringrazierò sempre i miei genitori e mia sorella che, appoggiando la mia scelta, con enormi sacrifici mi hanno sostenuto economicamente in quegli anni; proprio per queste rinunce che loro facevano in Italia per me, mi sono sempre sentito in obbligo di fare sempre di più, di più, di più e spero un giorno di poter almeno in parte restituire quello che con tanta fatica hanno fatto per me.

Antonio Villani

Molto spesso quello che accade non dipende soltanto direttamente da noi, ma dalle coincidenze che inspiegabilmente ci si presentano davanti, lasciandoci meravigliosamente inermi ed incapaci nel dare una spiegazione logica a quanto ci accade. Senza alcun misticismo, non posso non condividere appieno il pensiero di Carl Gustav Jung sulla sincronicità e le coincidenze significative. "Sono esperienze che non hanno nulla di razionale, ma che volendo o nolendo sono tutte accadute.

Parlando del mondo della recitazione, quali differenze tra Italia e Russia? Com'è lavorare con i russi?

Due mondi completamente diversi. In Russia c’è il rispetto nella ricerca del personaggio, c’è un sistema, una scuola psicologica e fisica, un modo di pensare proiettato a far in modo di costruire il personaggio in maniera completa. In modo che il confine tra personaggio e persona sia il più sottile possibile. C’è umiltà, accoglienza ed ascolto alle esigenze di  un’ artista, sicuramente molto di più che in Italia.

Un attore russo proprio per il suo amore e la sua dedizione al proprio lavoro (e non certo per il suo misero stipendio), ha una preparazione che in Italia non esiste e non credo che sappiano cosa sia. In Italia si continua a costringere i giovani di talento ad abbandonare il proprio Paese e non li incentivano minimamente a farli rientrare, anzi, sono considerati ormai anche loro stranieri per una ottusità dilagante che coinvolge quella parte di italiani al potere che monopolizzano l’arte con le loro ideologie illusorie.

In Russia si fa “A-rte”, si utilizza il teatro come strumento di comunicazione. I teatri sono pieni di giovani ed in repertorio ci sono spettacoli decennali che ad ogni replica sono pieni di spettatori che portano fiori, che aspettano l’artista fuori dal teatro, che lo applaudono e lo seguono nella sua carriera. Non posso negare che le cose stiano anche qui cambiando ogni anno, e purtroppo, in peggio. Le vecchie generazioni di artisti appartenenti all'Unione Sovietica piano piano stanno lasciando il passo alle nuove che non sempre rispecchiano le aspettative dei loro predecessori.

Per quanto concerne l’Italia e la mia esperienza al mio ritorno dalla Russia dopo i miei studi “pazzi e disperati”, “fortunatamente o purtroppo” per poco tempo, mi sento di dire che in Italia il teatro è più superficiale, con maggiore attenzione alle parole rispetto al sentimento. In Italia non c’è bisogno di studiare per fare l’attore, tutti possono fare tutto, basta una conoscenza e si possono far “affondare tranquillamente le navi”. In Italia sono finiti i mestieri della cultura perché è finito il rispetto per la cultura. Sono sempre di meno coloro che sono disposti a mettersi in gioco con le loro esperienze all’estero, anche perché si è stanchi di combattere contro i mulini a vento; chi ha le capacità viene ostacolato da chi invece magari quella poltrona comoda su cui siede non se l’è affatto meritata.

Chi può davvero cambiare qualcosa viene messo da parte e gli vengono tolte le possibilità di contribuire al risanamento culturale e quindi sociale del nostro Paese. L’idea di una Italia fintamente europea, in questi ultimi decenni, ha soltanto portato frustrazione al mondo culturale, creando disabilità intellettuale che se non curata rischia presto di sfociare in un abbassamento intellettuale senza ritorno. Ho avuto la fortuna di conoscere in Italia ed all’estero, italiani meravigliosi, ma con le mani ed i piedi legati, impossibilitati a svolgere il loro mestiere nel proprio Paese con serenità e rispetto e credo che chiunque sia responsabile di tutto questo debba vergognarsi come uomo e come italiano.

Io sono orgoglioso di essere italiano; sono orgoglioso di appartenere ad un Paese ricco di storia. L’unico rammarico è che gli errori fatti nel passato anziché servire da esempio per migliorare e migliorarsi, si ripetono modernizzati. Ah come vorrei che tutta quell’arte e quelle meraviglie presenti in Italia non vengano distrutte dall’italiano contemporaneo, ma vengano salvaguardate e rispettate con amore e con molta, molta più attenzione, da parte di tutti!"

Antonio Villani

C'è qualche incontro od episodio che ti piacerebbe raccontarci?  

Incontri ed episodi ce ne sono stati tanti e sono state tutte coincidenze inaspettate sia in senso positivo che in senso negativo. Potrei parlare del mio lavoro a Capri, del mio lavoro alla Filarmonica di San Pietroburgo, della mia esperienza al Teatro Drammatico Russo di Vilnius, del mio lavoro al cinema e dei miei incontri sul set, dei miei anni in Accademia dove giorno dopo giorno accadevano episodi umani ed artistici irripetibili, dove giorno dopo giorno ci si metteva seriamente in “gioco” per creare qualcosa di bello, di unico, di nostro. Ma no, non voglio parlare di nessun episodio in particolare, o dovrei raccontarli tutti, perché tutti legati l’uno all’altro dal segreto e sottile filo della mia memoria.

Ma vorrei dire questo: ogni persona che ho incontrato nel mio cammino ed ogni avvenimento che è successo, per coincidenza o destino, mi hanno lasciato qualcosa di immortale. Immagini, viaggi, persone nuove e diverse, delusioni ed aspettative disilluse, soddisfazioni alle quali si è giunti dopo un lungo, lungo lavoro e che si sono poi  smaterializzate in un momento. Oggi “sei” e domani “non sei” più. Spenti i riflettori rimani solo con te stesso, straniero in terra straniera, e se non lavori per lunghi periodi la solitudine rischia di mangiarti l’animo, ma tutto si amplifica perché sei in un Paese straniero che tarda ad adottarti e di cui tu non riesci fino in fondo a sentirti figlio. La solitudine è uno dei rischi che si corrono vivendo fuori dal proprio Paese e lontano dal tepore degli affetti in cui si è cresciuti. L’unica cosa di cui si ha bisogno per sopravvivere è la bellezza di relazioni e di incontri veri con le persone; i rapporti umani riscaldano il cuore, lì dove fa troppo freddo in inverno… e non solo in inverno.

Difficoltà e soddisfazioni del tuo lavoro in Russia?

Non si ottiene nulla se non si superano gli ostacoli, e più gli ostacoli sono grandi e sembrano insormontabili e più le soddisfazioni che verranno saranno grandi una volta superate le barriere. Ho avuto grandi soddisfazioni qui in Russia, prima fra tutte quella di entrare in accademia di potermi laureare con il massimo dei voti ed ottenere con le mie forze e con l’aiuto dei miei maestri una scuola unica, che si distingue nel mondo per profondità, per ricerca e per i risultati che tale ricerca porta. Quindi posso dire con sicurezza che nonostante i tanti sacrifici e le poche soddisfazioni vale la pena vivere tutto questo, bisogna essere pazienti, avere la forza di rialzarsi ad ogni caduta, di non mollare e di continuare ad essere forti nonostante i colpi che quotidianamente la vita ci inferte.

Le difficoltà sono iniziate dal primo giorno in cui sono atterrato e sono continuate per sette anni e continuano tutt’ora. Difficoltà economiche, difficoltà alimentari, difficoltà nel lavoro, e non parliamo di quando si è soli e bisogna avere a che fare con cure ospedaliere. Spesso ho dovuto scontrarmi con il fatto di essere italiano. Purtroppo in Russia ci sono italiani che hanno rovinato e sporcato l’immagine dei nostri connazionali all’estero. Ci sono italiani qui che si permettono di comportarsi con superficialità ed arroganza convinti di essere superiori, fanno cose che nel proprio Paese non possono fare e le conseguenze e le risposte a tale atteggiamento sono facilmente intuibili, la società russa non può far altro che allontanare tali stranieri venuti a sporcare la loro terra con i loro vizi.

È stato difficile togliermi l’etichetta di “maccherone”, ho dovuto lottare molto, soprattutto con la parte maschile russa. I primi anni ho dovuto discutere anche con i miei stessi compagni di corso perché mi etichettavano, non riuscivano a vedermi come Antonio, ma mi associavano ad “Antonio, l’italiano. ” Una volta nella mia classe è stato appeso un foglio di carta colorato che rappresentava la bandiera italiana, con sopra scritte diverse offese a sfondo nazionalista. Al dormitorio accademico dove dormivo, sul piano degli stranieri, ci sono stati atti di vandalismo. Queste cose esistono inutile negarne l’esistenza, esistono ovunque. Tutt’ora nel mio lavoro sono limitato ad interpretare ruoli stranieri. Qui in Russia non c’è una multiculturalità che permette di vedere in scena persone di diverso colore.

Il teatro e la cultura sono lo specchio della società e la Russia si mostra ancora abbastanza chiusa all’integrazione, non potrò mai in Russia interpretare un ruolo in un testo di Chekov, Shakespeare o di qualsiasi altro autore classico, ammesso che quel ruolo non sia un personaggio straniero. Nonostante tutto però in base alle mie esperienze, sono convinto del fatto che in Russia ci sia la possibilità di emergere, di incuriosire, di farsi amare e rispettare come artista. Le nuove generazioni sono più aperte allo scambio  più disponibili; il pubblico russo è un pubblico molto attento, molto critico e molto aperto, sa darti soddisfazioni ed è per loro che cerco sempre di dare il massimo, perché so che in cambio avrò il loro affetto, avrò i loro sorrisi e avrò le loro critiche costruttive che mi permetteranno di migliorarmi, di essere un uomo migliore ed un attore migliore. Ovunque si va nel mondo c’è il bianco ed il nero,  sta sempre a noi trovare il giusto equilibrio, sta a noi scegliere da quale parte stare, sta a noi distinguersi come singoli per non disperdersi in un mare incomprensioni.

Antonio Villani

Cosa consiglieresti ad un attore che vuole intraprendere la tua professione in questo paese?

Cosa consiglieri? Nulla! Non sono nessuno per poter dare dei consigli. Posso soltanto dirgli di seguire il proprio cuore, di andare lì “dove lo porta il cuore” e di lottare per diventare un uomo migliore, un uomo puro; posso suggerirgli di conservare la propria umiltà e nello stesso tempo di sapersi difendere dalle difficoltà della vita, di temprarsi caratterialmente e di essere pronto ad abbandonare tutto e tutti per inseguire il proprio sogno. I sogni possono realizzarsi o meno, c’è un cinquanta percento di possibilità di non riuscirci per fattori indipendenti da noi, ma c’è un altro cinquanta percento che dipende soltanto dal nostro coraggio e dalle nostre capacità.

Sono convinto del fatto che se si vuole davvero qualcosa la si ottiene. Una mia regola è seguire sempre la strada più pulita che consiste nel non prevaricare sul prossimo, nel non giocare sporco, nel non invidiare il successo degli altri, ma di pensare alla propria professione e di costruirla passo dopo passo con purezza; la strada risulta più lunga e più tortuosa e ne sto pagando ogni giorno le spese per tale scelta ma ne vale la pena. Se fossi stato omosessuale e avessi venduto il mio corpo alle proposte che mi sono state fatte, avrei già avuto diverse porte aperte, ma avrei vissuto per sempre con quella sensazione di sporco che non mi appartiene, sarei stato io stesso una “prostituta della mia arte” e non un “uomo d’arte”. Come mi disse una volta un mio carissimo conoscente, noto e storico costumista italiano: “Se proprio vuoi fare la puttana allora ricordati che se fai la puttana per lavoro rimarrai per sempre una baldracca se la fai nella vita allora è una scelta e quindi massimo rispetto” .

Intraprendere una carriera di attore in Russia se non si sa la lingua e non si conosce la cultura russa non credo sia una strada molto percorribile. Si può venire in Russia per fare il proprio “spettacolo all’italiana” ed andarsene, ma pensare di poter diventare un attore in Russia c’è bisogno di anni di sforzi e di duro studio e la scuola russa, per preparazione e serietà, non ha nulla a che fare con quella italiana. Conosco un mio caro amico di origini italo francesi, che io considero un fratello maggiore d’arte, anche perché abbiamo studiato con lo stesso Maestro qui a San Pietroburgo a distanza di 5 anni l’uno dall’altro. Ebbene sono 16 anni che vive in Russia e nonostante la sua integrazione, gli innumerevoli lavori fatti in teatro e al cinema e anche con importanti registi, si trova ancora a lottare per farsi dare uno spazio, per riuscire ad emergere; ogni volta si ricomincia da zero e a lungo andare se non si è forti, se si ritiene che nella vita ci siano altre priorità, allora si rischia di stancarsi davvero, di mollare tutto, di lasciarsi andare e di assopirsi per poi morire insieme ai propri sogni da realizzare. Tutto sta nelle mani, e direi anche nella testa, del singolo: se vuoi davvero “essere”, allora ci riesci e sarai, forse; altrimenti significa che non hai poi davvero molto bisogno di “essere”.

Purtroppo durante la tua permanenza a San Pietroburgo sei stato aggredito una sera, sicuramente uno degli episodi più brutti della tua esperienza, definiresti San Pietroburgo una città pericolosa?

Quando si viene aggrediti si pensa soltanto a cercare una soluzione per poter uscire da quella situazione nella maniera meno dannosa possibile. Purtroppo è accaduto in un periodo della mia vita non troppo felice e siccome “piove sempre sul bagnato” ho dovuto affrontare questo spiacevole evento da solo, ma meglio soli che male accompagnati!

Reagire in queste situazioni non è consigliabile perché si può davvero incombere in gruppi di minimo due persone che possono chiederti magari da accendere e poi ti bloccano oppure ci sono anche gruppi di fanatici nazionalisti che purtroppo ti guardano per strada in maniera poco raccomandabile o magari ti fermano per provocarti.

Quali le conseguenze?

Venti giorni di contusioni per fortuna leggere, occhiali rotti a causa del colpo ricevuto, 1000rubli rubati (25 euro), una catenina d’oro e due braccialetti d’argento a me cari. Poteva andarmi peggio senza soffermarmi troppo sulla dinamica dell’accaduto. Adesso la sera camminando per strada mi giro spesso a vedere se c’è qualcuno, con il timore che mi aggrediscono di nuovo alle spalle. E’ una comprensibile reazione di riflesso. San Pietroburgo è una città grande, ma non troppo; poteva accadermi ovunque, in qualsiasi posto; anche in Italia ho avuto a che fare con situazioni del genere per uno sguardo di troppo a qualche bullo di quartiere. Quindi dire che San Pietroburgo è più pericolosa di qualsiasi altra città non sarebbe vero. Può accadere ovunque e a chiunque. L’importante è stare attenti a non essere soli la notte in posti isolati. Che ci sia razzismo in Russia nei confronti degli stranieri… beh, negarlo non posso ed affermarlo nemmeno. Ma posso con sicurezza dire che gesti violenti o di intolleranza sono per lo più causati da singoli gruppi che non rappresentano, e che non sono, la voce di un intero Paese.

Con quale attore e regista ti piacerebbe lavorare?

Ho avuto occasione di conoscere diversi registi e di lavorare con alcuni di loro, mi sono accorto di una cosa molto importante in merito al rapporto tra regista ed attore. Molti registi si comportano con gli attori in maniera fredda e distaccata chiusi nelle loro idee, annullando qualsiasi scambio con l’attore, imponendo la loro dittatura. Ebbene non sono i miei registi. E non credo che con registi del genere sia interessante lavorare. In primis il regista deve essere un ottimo psicologo con l’attore, mentre l’attore a sua volta deve essere un ottimo psicologo con il proprio personaggio, e tra tutti e tre deve esserci scambio, dialogo e perché no anche scontro, come in qualsiasi tipo di rapporto umano.

Il regista propone la sua idea, l’attore la esegue facendola sua ed insieme trovano dei punti comuni che portano entrambi alla realizzazione di un qualcosa di unico nato grazie alla collaborazione di due menti, due cuori, che si scambiano esperienze. Soltanto in questa maniera posso riuscire a lavorare con un regista. Il mio Maestro mi ha sempre insegnato come attore a difendere la mia posizione, a credere in uno scambio costruttivo tra le parti, a fare domande, ad essere curioso, a non tralasciare nemmeno la domanda più stupida e che poi in realtà si rivela importante per capire molte cose sullo spettacolo ed il personaggio. Vero è che non soltanto il regista è importante per l’ottima riuscita di un film o di uno spettacolo.

Può esserci un ottimo regista ed uno staff pessimo o uno staff eccellente ed un regista che non sa come orientarsi. L’ottima combinazione tra regista eccellente, attori eccezionali e staff preparato e professionista danno vita ad un’opera d’arte immortale nel tempo. Ci sono figure estremamente indispensabili che contribuiscono alla realizzazione di un film o di uno spettacolo e che sono parte integrante di un gruppo affiatato e pronto ad essere coordinato dal regista: aiuto regista, montatori, direttori di scena, costumisti, scenografi, operatori di camera, del suono, fotografi, tecnici, operai etc etc. Tutti fanno parte di uno staff che deve essere pronto ed affiatato, appassionato del proprio lavoro e guidato da un regista-padre che abbia la serietà e la bontà e la forza per mandare avanti la sua famiglia che deve credere in lui, rispettarlo ed affidarsi alle sue capacità aiutandolo a fare in modo che ogni giorno si possa entrare nei tempi di produzione, ma con la giusta dose di Arte.

Purtroppo spesso non è così sempre, ed è per questo che la “fabbrica” del teatro e del cinema danno vita a lavoro operaio di bassa manovalanza con prodotti commerciali a basso costo e di scarso valore, ahimè non solo in Italia! Come attore professionista e come uomo se voglio salvaguardare la mia carriera ed il mio modo di creare qualcosa di bello, devo inevitabilmente fare una cernita, prefiggendomi di lavorare con quei registi che hanno la capacità di illuminarmi il cammino nella ricerca del mio personaggio, che sono pronti ad ascoltarmi e che mi arricchiscono, fiero di poter lavorare con loro, orgoglioso di far parte di uno staff di persone uniche, che mi circondano per aiutarmi nel mio lavoro e consigliarmi, relazionandomi con loro sempre con la consapevolezza di “sapere di non sapere”, imparando da loro per poter crescere come artista ed essere umano.

Fare i nomi sarebbe limitativo e non mi interessa, anche perché molti non li conosco personalmente; dipende sempre dalla persona: le persone belle arricchiscono e rendono la mia vita, giorno dopo giorno, un bel sogno, mentre un regista stronzo rimane e rimarrà sempre uno stronzo ed allora perché lavorarci; non mi limiterò certo ad essere il capro espiatorio delle loro frustrazioni subendo le loro manie di divismo. Sono convinto del fatto che una persona buona e umile sarà sempre un ottimo specialista in qualsiasi campo esso operi. Mai fidarsi di chi dall’alto della sua “nullità” vanta la sua carriera reputandosi superiore a qualsiasi altro, questi sono soltanto dei perdenti nella battaglia con loro stessi.